Take the time


Giuseppe Sangiorgio, giovane batterista italiano, ha fatto uscire il suo primo album da solista, a seguito di una carriera già avviata al fianco di diverse icone della scena musicale italiana e non.
Parliamo di un album tendenzialmente jazz fusion, jazz rock e funky, ma con un tocco moderno e fresco. Si distingue molto dalla fusion dell’era di Chick Corea, Casiopea, Uzeb, Steps Ahead, etc… Riesce ad essere attuale, senza esagerare nel seguire le mode, completando con un grande gusto melodico ed una tecnica eccellente. I brani contenuti in questo disco sono interamente strumentali.
A seguito di innumerevoli maturazioni di ascolto, il batterista si è sentito pronto per pubblicare il suo primo vero album, i cui brani sono interamente composti e suonati da sé stesso. Ha scelto di collaborare anche con tre bassisti: Evan Marien, Riccardo Oliva e Matteo Carlini; due pianisti: Emanuele Del Carmine e Alex Crocetta; e due chitarristi: Giovanni Laterza e Daniele Zanotti.
Con Take The Time, Giuseppe ha voluto enfatizzare l’importanza della batteria e il suo ruolo indispensabile di “tenere il tempo”. In questo disco ci sono, infatti, brani dai tempi diversi, tutti guidati dallo stesso elemento.
Aim: primo brano di questo album, dalla durata di 26 secondi. Si può subito identificare un pad corposo, in stile Synth Keyboards, che ci trasporta su una scena elettronica per poi congiungersi con “The Opener”.
The Opener: brano di apertura, come suggerito dal titolo stesso. Si percepisce un’atmosfera molto positiva ed energica: la ritmica possente e le numerose parti di tastiera rendono il pezzo spaziale. La title track, con la ritmica Drum and Bass, rende ancor più chiara la specializzazione batteristica di questo album. È presente un piacevole tema di archi e chitarra, che alternano spesso le dinamiche e i volumi, in un gioco di pieni e vuoti con gli altri strumenti. Infine, un inaspettato assolo di basso, che completa la traccia.
Tee Funk: l’introduzione di questo brano è caratterizzata da degli stacchi e degli assoli di batteria che si trasforma, poi, in un ritmo funky, il quale resta fino alla fine. Le sezioni sono controllate e ricche di sfumature, proprio per lasciare spazio al ritmo/groove, dosato con cura.

All the way: in questo brano tastiere, basso e batteria sono in armonia e seguono lo stesso stile. Qui è la voce campionata che porta il tema della strofa per poi catapultarsi sul ritornello con una vasta apertura di Pad (Synthetizzatore).
I need you: qui si nota l’influenza funky alla Dennis Chambers; non come copia, ma come una piacevole somiglianza, re-interpretata nello stile di Giuseppe Sangiorgio. C’è la presenza di un gioco di groove, batteria e basso che si intreccia con la voce campionata. In chiusura, un climax studiato e inserito per introdurre un assolo di batteria. Questo brano incorpora i generi principali dell’album, creando un risultato omogeneo e accattivante.
Sense of home: è il brano più calmo, una sorta di ballata in ⅞. È caratterizzato da suoni ambient driving soundtrack, e prepara l’ascoltatore per “Uh!”.
Uh!: qui il ritmo è completamente diverso: sonorità R&B e soul, dove gli archi e le voci ricamano la struttura, poi la batteria elettronica fa il suo ingresso, seguita da un accattivante assolo di lead moog (synth).
Outro Rhythm: con questo brano dal ritmo Latin Funky si conclude l’album. Sono presenti sonorità ricordano le ritmiche degli Incognito, l’eccentrica band del funky londinese.
Take the Time è un disco molto maturo e convince dopo pochi ascolti, nonostante sia il primo prodotto di Giuseppe Sangiorgio. Si percepisce l’esperienza, la tecnica e lo spirito di innovazione del batterista. Sono chiare le diverse influenze musicali, che risultano, però, molto bilanciate. È un album moderno, ma con le giuste integrazioni di sonorità delle generazioni precedenti di artisti.
Un disco breve, dalla durata di 25 min e 50. Questa è stata la scelta del musicista, con l’intendo di evitare ridondanza e noia. La durata leggermente ridotta giova sicuramente ad un disco di questa categoria.