Leyla, l’importanza del sentirsi “Viva” e in piena evoluzione


Tra le proposte più interessanti dell’hip hop italiano risalta il nome di Eleonora La Monica, meglio conosciuta con lo pseudonimo Leyla, giovane artista della scuderia Honiro, al suo esordio discografico con l’album Viva. Undici tracce in scaletta che sottolineano l’impegno e l’energia della rapper, disinvolta nell’esplorare anche altri orizzonti sonori.

Rime taglienti ma anche tanta voglia di sperimentare, quanto c’è di Leyla e quanto c’è di Eleonora in questo lavoro?

C’è molto di entrambe. Io tendo ad identificare Leyla con la parte più forte e diretta di Eleonora, ma non sono due entità totalmente separate. L’una non fa altro che dar voce ai pensieri e alle emozioni dell’altra.

Quali skills pensi di aver acquisito nel corso della lavorazione di questo album?

Ho innanzitutto raggiunto una maggiore sicurezza e consapevolezza di me stessa in quanto artista. Lavorare in modo professionale e costante mi ha permesso, poi, di conoscermi meglio e migliorare sempre di più sia la penna che la voce, entrambe elementi essenziali della mia musica.
A costo di risultare banale direi sempre e comunque la musica. Non importa che si tratti della mia o di quella di altri, anche il semplice ascoltare nuovi brani, vivere nuove emozioni tramite il lavoro di altri artisti per me è vitale. Passo le mie giornate con le cuffie nelle orecchie e la musica a tutto volume dentro e fuori casa, per me è una vera e propria necessità.

La musica ti ha dato tanto, ma ti ha mai tolto qualcosa?

Dico sempre che tra me e lei vige una sorta di ‘odi et amo’. Ci sono state volte in cui è riuscita a togliermi la serenità, quando, per esempio, passavo ore davanti ad un foglio bianco senza riuscire a scrivere nulla. Per inseguire il mio sogno qui in Italia, poi, mi sono ritrovata a vivere da sola, con la famiglia distante chilometri che attualmente si trova a Barcellona. E’ sicuramente dura, ma lo rifarei altre mille volte.

Che bambina sei stata?

Ricordo sinceramente poco di me bambina, mi dicono sempre che sono cresciuta troppo in fretta. Ho avuto un’infanzia tutto sommato felice, ero comunque una bimba molto tranquilla. I nodi al pettine sono arrivati per lo più in adolescenza, dai 13 ai 18 anni sono stata un vero disastro tra compagnie non proprio raccomandabili, un padre molto lontano e tanti alti e bassi psico-fisici. Non è stato facile, ma nonostante tutto oggi ricordo quei momenti con un sorriso, direi, dolce-amaro.

Che donna ti immagini tra vent’anni?

Spero di essermi fatta una famiglia e di aver raggiunto una certa tranquillità, anche se non riesco proprio ad immaginarmi un futuro senza musica. Mi auguro di diventare quella ‘mamma fica’ che per vivere fa dischi e concerti. L’unica cosa che so per certo è che avrò una mia personale stabilità, non voglio dover dipendere da nessuno se non da me stessa, è una promessa che mi sono fatta già tempo fa.

Intervista a cura di musica361.it